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Allineare gli obiettivi di sostenibilità ambientale, economica e sociale passa obbligatoriamente per il governo del suolo e cioè per la pianificazione territoriale ed urbanistica.  Senza un’efficiente pianificazione, sarà impossibile rispettare quegli accordi sul clima che la deriva ambientale ha imposto globalmente. Il pianeta si sta surriscaldando, i gas serra aumentano e non potrà essere solo l’efficienza energica a fermarli.  Occorre mitigazione (riduzione della CO2) ma anche adattamento, e quindi governo del territorio: riqualificazione dei contenitori e dei suoli già compromessi, mobilità sostenibile, forestazione, governo delle acque e quant’altro.

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In tempi di Covid dobbiamo pure chiederci se quando il virus sarà finalmente vinto, tutto tornerà come prima.  Probabilmente no.  Ci sono fenomeni (per esempio, lo smart working) ormai radicati nella quotidianità di tanti, che già inducono una diversa richiesta di utilizzo dei suoli: basta centri commerciali, meno mobilità alle ore di punta, un abitare diffuso, una miglior capillarizzazione dei servizi, per esempio sanitari o dell’infanzia.  Più qualità e meno quantità?  Forse. Certamente molti contenitori vuoti da recuperare, e pochi o (speriamo) nessun nuovo terreno da colonizzare.

A dir la verità, la politica da tempo si è posta il tema della pianificazione del territorio. Cinquant’anni fa, con i primi Piani Regolatori che anche a Bologna arrestavano l’edificazione in collina, salvaguardandone il paesaggio e preferendo l’espansione verso la pianura, si affermava il concetto che il suolo è una risorsa preziosa e il pubblico ha il dovere di governarla: tipicamente il Comune, entro una cornice di norme e pianificazioni sovraordinate.  Trent’anni più tardi, la Legge Urbanistica Regionale (la 20 del 2000, poi confermata e aggiornata nella 24 del 2017) sanciva il principio del consumo di suolo zero: detta così poteva apparire bellissimo, ma ben difficile da realizzare, come l’esperienza politica successiva avrebbe dimostrato.

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L’obiettivo del consumo di suolo zero cozzava infatti con le tante necessità delle comunità di svilupparsi ed adattarsi alle nuove esigenze.  E se da un lato gli strumenti di pianificazione (PRG prima; PTCP, PSC e POC successivamente) permettevano una pianificazione ragionata sulla base di scelte politiche, la possibilità degli Accordi di Programma, previsti dalla stessa legge 20, diventava il cavallo di Troia che in nome di un presunto interesse pubblico apriva la porta a mille deroghe se non anche stravolgimenti.  La banalizziamo per capirci: per esempio, tu privato vuoi ristrutturare un’area dismessa, ma la sua riqualificazione è troppo costosa perché, che ne so, il terreno è pesantemente inquinato e la bonifica non è economicamente sostenibile, allora io pubblico ti aumento l’indice di edificabilità oppure ti consento di edificare altrove… e poi magari altrove il traffico ne verrà appesantito, e allora tu privato mi allarghi la strada, o mi fai una rotonda… e via di questo passo, dove l’interesse pubblico diventa concetto sempre più labile e dunque questionabile.

L’altro meccanismo che ha minato alla base l’arresto reale del consumo di suolo è invece tipicamente finanziario.  Da molti anni i Comuni hanno potuto applicare, per percentuali via via crescenti, gli oneri di urbanizzazione alla parte corrente.  Tradotto: quegli oneri che dovevano servire per pagare le nuove strade ed i nuovi asili di cui le nuove abitazioni introducevano l’esigenza, sono finiti nella parte corrente del bilancio a finanziare i servizi esistenti, magari anche per scopi nobili, come evitare di alzare tasse e tariffe.  Ma così facendo si innestava una spirale per cui nuove urbanizzazioni portavano la richiesta di nuovi servizi che potevano essere sostenuti solo (in tutto o in parte) con i proventi di nuove urbanizzazioni… 

La realtà dunque è molto complessa, ed è un bene che se ne possa parlare, perché le scelte territoriali siano sempre più trasparenti e consapevoli.  La scorciatoia di cedere governo del territorio per finanziare i servizi non può certo andare avanti all’infinito.

Emanuele Burgin


NEL PROSSIMO NUMERO:

Conoscere i significati di alcune parole chiave è necessario per fare scelte che riducono la nostra impronta ecologica sul pianeta e praticare una economia sostenibile, solidale ed equa. di Stefano Ramazza


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Piero Pelù: un omaggio a Greta

L’esempio più recente di canzone impegnata per l’ambiente è Picnic all’inferno di Piero Pelù. Lo scorso ottobre ha pubblicato questo singolo in cui “duetta” con Greta Thunberg: le sue parole sono intervallate da alcune parti del discorso che Greta ha tenuto a Katowice nel 2018, fra cui l’ormai celebre slogan: “You are never too small to make a difference“ (non sei mai troppo piccolo per fare la differenza). Piero Pelù chiama Greta “piccola guerriera scesa dalla luna” perchè, come ha detto lui stesso al Corriere della Sera, è rimasto colpito dalla determinazione del suo messaggio.

Fonte:


Poesia

“Vi è un incanto nei boschi senza sentiero.
Vi è un estasi sulla spiaggia solitaria.
Vi è un asilo dove nessun importuno penetra
in riva alle acque del mare profondo,
e vi è un armonia nel frangersi delle onde.
Non amo meno gli uomini, ma più la natura
e in questi miei colloqui con lei io mi libero
da tutto quello che sono e da quello che ero prima,
per confondermi con l’ universo
e sento ciò che non so esprimere
e che pure non so del tutto nascondere.”

L’incanto nei boschi senza sentiero
George Gordon Noel Byron


Glossario

natura s. f. [lat. natūra, der. di natus, part. pass. di nasci «nascere»]. – 1. Il sistema totale degli esseri viventi, animali e vegetali, e delle cose inanimate, che presentano un ordine, realizzano dei tipi e si formano secondo leggi.

Fonte: www.treccani.it/vocabolario/natura/

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