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Il Sentiero dei Gessaroli è insieme un itinerario naturalistico sorprendente e un omaggio ad un mestiere scomparso: quello del cavatore del gesso. Una figura artigiana che per secoli ha operato nel borgo dei Gessi, modellando un centro abitato e la stretta vallecola che si sviluppa tra il Monte del Castello ed il Monte Rocca. Negli ultimi decenni gli effetti dell’attività di cava provocarono proteste e mobilitazioni che raggiunsero il risultato di vedere riconosciuto il valore naturalistico dell’area (che oggi è Sito di importanza comunitaria (Sic)) e di preparare la fine dell’attività estrattiva. La strada comunale che dal borgo risale la vallecola si sovrappone con il tracciato del sentiero Cai n. 102 ed è diventato il sedime pubblico sul quale si sviluppa il sentiero naturalistico, storico e didattico dei Gessaroli, finanziato dalla Provincia di Bologna con risorse della Fondazione Carisbo, inaugurato nel 2007 e descritto in un libro uscito proprio in quella occasione.

Questa premessa era necessaria per inquadrare il contesto nel quale si inserisce l’intervento col quale, se ho ben inteso, a distanza di diversi anni dall’abbattimento dello stabilimento Gessi Emiliani (con recupero dei volumi in zona urbanizzata), il Comune va a realizzare il parco pubblico pianificato all’epoca. Un ‘parco nel parco’ in realtà, che insieme al ruolo di giardino a beneficio principale dei residenti, potrebbe realizzare il completamento del disegno di tutela, valorizzazione e promozione di tutto il Sic. I gessi di Zola infatti rappresentano un unicum storico-ambientale al pari del Parco dei gessi bolognesi, e come quelli, per essere valorizzato al meglio, e svolgere anche un ruolo di fruizione ed educazione storico-ambientale, hanno bisogno di un punto di riferimento. Un piccolo ‘centro parco’ che serva ad orientare i visitatori, ad accogliere le scolaresche, ad offrire un presidio ed un punto di coagulo di un’associazione o di semplici volontari che se ne prendano cura.

Questo era il progetto originale, e questo è il momento di portare a termine un disegno che, se rinviato ulteriormente, potrebbe essere perso per sempre.

Oggi ci sono le risorse e si avvia un cantiere di rinaturalizzazione, di riscatto da una stagione di sfruttamento e di devastazione che ha fatto molti danni, ma che ci ha fatto cogliere appieno anche il valore unico e grande di questo nostro gioiello naturalistico e storico. Il gesso è una pietra identitaria per Bologna dal momento che fin dall’età romana i blocchi crudi della selenite furono usati per costruire mura e monumenti. La base delle Due torri è rivestita di blocchi di questo materiale che veniva cavato sulla collina bolognese per farne conci da costruzione e per ricavarne il gesso in polvere, un legante naturale d’uso millenario. Delle cave della località Gesso di Zola si hanno notizie fin dall’età medievale.

Terminata la concessione la vecchia strada che serviva la zona di cava è stata trasformata in sentiero naturalistico con tabelle che illustrano le caratteristiche naturalistiche della zona: dalla vegetazione tipica di questi ambienti termofili alla fauna selvatica che li popolano, e fino alla conformazione carsica della dolina, le grotte che ne attraversano il sottosuolo (la Gortani è la grotta carsica più estesa della nostra regione), le vestigia di un castello e di una rocca che hanno giocato un ruolo importante nel Medioevo bolognese,

Tutto ciò fa la differenza sostanziale tra un normale sentiero Cai e anche un cammino tematico. Concentrato in questa piccola area c’è tutto il materiale per farne un’aula a cielo aperto e per formare le nostre future generazioni alla conoscenza e all’attaccamento alle proprie radici.

14 anni fa si fece un primo tentativo per raccontare e testimoniare con oggetti e foto la sapienza artigianale e la fatica dei gessaroli la cui vita venne narrata dal par suo da Bruno Drusilli e anche da Adolfo Belletti. Finì male con un vandalismo che indusse a mettere al riparo i poveri materiali e strumenti di lavoro dei gessaroli. E’ di questi giorni l’ennesima segnalazione del degrado che si manifesta per l’inciviltà, la mancanza di custodia e cura, ma anche per la intensa frequentazione del sentiero.

Ad una tettoia con una parete attrezzata di modesto costo e dimensione, collocata nel nuovo giardino, si potrebbe affidare il compito e la funzione di accoglienza dei visitatori più attenti, e di svolgere quelle attività didattiche che per le classi fanno la differenza tra una escursione classica ed una vera lezione all’aperto. Manufatto in legno che dovrebbe essere affidato alla cura dei volontari che già ora, con le pulizie periodiche e la manutenzione, dimostrano una dedizione preziosa, da non deludere, da valorizzare e stabilizzare.

Gabriele Mignardi
Corrispondente Edizione Bologna – il Resto del Carlino

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