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Non c’era posto per i segreti

Sì nel Borgo non c’era posto per i segreti, nemmeno per i più intimi. Dall’adolescente alla bisnonna si amava “pettegolare”, su tutti e di tutto: dal filarèn all’ambràus; dala muièr un po’ svalteina al marè bàcc (dal corteggiatore al fidanzato; dalla moglie un po’ viziata e al marito cornuto). 

Naturalmente non sfuggiva il fatto che il marito aveva “slunghè un scupazòn” (allungato uno scapaccione) alla sua “dolce metà” (si fa per dire) un po’ troppo di lunga di lingua, o che la tal sera la “tizia era stata vista con Caio” “tra al lòm e al scùr” (tra la uce e l’imbrunire, farsi sera).

Questa voglia di ciarlare, nelle serate calde, seduti sui gradini di casa o su vecchie sedie “ed pavìra” (paglia di palude) era così irresistibile e priva di freno che finiva poi per coinvolgere tutti: il “tal dei tali”, che un giorno qualsiasi si permetteva di indossare una giacchetta nuova; al “milurdèn” (damerino) che addirittura ogni anno, si comprava un “pèr ed fangàusi” (un paio di scarpe); e poi il sorrisetto beffardo di quella ”svergognata” (che per la prima volta  e quel che è peggio ancora minorenne) all’insaputa dei genitori, si è data la cipria “e anch un po’ ed rusàt” (e anche un po’ di rossetto). Insomma per non farla troppo lunga., vero è che dal gazzettino del Borgo sgorgavano “informazioni” a getto continuo; le più diverse e le più pungenti ma, credetemi, non c’era mai malanimo.

Non ti sentivi mai solo

Nella gente del Borgo c’era sempre un gran cuore, un vero contenitore di generosità. Nel bisogno e nella sofferenza non veniva mai meno il conforto: l’assistenza al malato ed alla partoriente; l’aiuto e la consolazione alla sposa rimasta improvvisamente priva del marito, sola a tirare sui bambini ancora piccolissimi.

Nel Borgo non ti sentivi mai solo, L’amico era sempre più amico e la parola “solidarietà” aveva un significato vero, schietto, sincero. Voleva dire aiuto nel momento del bisogno o della sventura.

Infanzia, adolescenza, gioventù; sempre nella stessa borgata, sempre nella stessa casa (“casa” per modo di dire).

Sempre lì, nelle prime case della “conca” fino a quando i tedeschi, (siamo negli anni 1943.44) senza tanti preavvisi, ci fecero “sloggiare” per trasformare la nostra abitazione in una doccia per i soldati che rientravano dal fronte, da mesi bloccato sulla linea Gotica.

Sempre nella stessa borgata in un vicolo sempre più stretto con i tuoi compaesani, specie quando la bufera della guerra imperversò con più violenza seminando doloro e miseria. 1943-44: è il periodo più drammatico. Tedeschi e fascisti, ormai consapevoli della loro fine, scatenano ondate d’inaudita violenza. Per gli uomini adulti (ma non solo per essi) la scelta di campo non era poi né facile né scontata; poteva voler dire mettere a rischio la propria vita e quella dei famigliari. In molti fecero una scelta netta: militanza nelle brigate partigiane.


Un ringraziamento speciale a Loretta Drusilli per averci permesso di condividere con tutti voi questi estratti del libro “Al baurg di Zess e dintauran” di Bruno Drusilli.

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